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E.A. Mario
 

Il vero nome di E. A. Mario è Giovanni Ermete Gaeta, col quale firma le sue canzoni all'inizio della sua carriera. In principio si dedica soprattutto ad una produzione in lingua italiana; poi, amareggiato da una serie di critiche, produce una serie di poesie dialettali utilizzando lo pseudonimo E.A. Mario. Questo pseudonimo nasce dal suo nome, dalle iniziali del nome del suo amico e giornalista genovese Alessandro Sacheri, della poetessa slava Maria Clarvy che collaborava come lui al quotidiano genovese "Il lavoro" e di Mario Rispardi, acceso mazziniano come lo stesso E. A. Mario. Ecco quindi spiegato lo pseudonimo che per molto tempo ha generato confusione, facendo pensare persino che celasse più artisti.
E. A. Mario suona magnificamente il mandolino ma lavora come impiegato delle Poste. Proprio a lavoro, mentre si trova dietro uno sportello, conosce il maestro Segrè.
Si racconta che durante quell'incontro il poeta disse al maestro di non utilizzare dei versi adeguati per le sue belle musiche. Spazientito, lo stesso Segrè sfidò E.A. Mario, chiedendogli di fargli avere una sua lirica.
Nasce così "Cara mammà", canzone pubblicata successivamente dalla Ricordi.
Da quel momento per il vulcanico poeta e musicista comincia una lunga ed eccezionale attività artistica.
Egli è allontanato dalle Poste per troppe assenze, ma viene poi reintegrato al posto di lavoro quando ormai il suo nome è noto a tutti. E' già famoso a Napoli quando nel 1918 il suo nome viene consacrato da una canzone in italiano: "La leggenda del Piave" che diviene ben presto l'inno di una nazione in guerra contro lo straniero, una canzone che per molti anni viene considerata anonima.
I successi si susseguono ma le condizioni economiche di E.A. Mario non migliorano perché insufficienti sono gli utili sui diritti d'autore; la situazione peggiora quando si ammala l'adorata moglie Adelina, figlia dell'attrice Leonilde Gaglianone, sposata nel 1919 dopo solo tre mesi di fidanzamento.
Così, dopo la scomparsa della moglie, tra le ristrettezze economiche ed accudito solo dalla figlia, si spegne nel 1961 nella casa in fitto in Viale Elena .









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